ONCE UPON A TIME....IL NATALE

Ieri sono andata a trovare mio nonno.
Con la fidata Maria, la signora che lavora per lui, si parlava del menù di Natale ed essendo lei straniera le spiegavo quali fossero i piatti tipici della tradizione italiana.
Poi mio nonno, impalato con le terga e le mani appoggiate al termosifone (ustione non ti temo) si è intromesso nella discussione "Ti ricordi i tortellini che faceva tua nonna?"
Allora mi si è aperto nel cervello il file Natale_da_bambina e una valanga di ricordi si è abbattuta su di me.
Era un ricordo sopito.
Ora sono adulta e il Natale è in funzione di mia figlia e dell'organizzare la spesa per sfamare sta massa di sfrocetati che chiamo "la mia famiglia".
Un giorno le racconterò di come era il Natale quando ero piccola anche io.
Le racconterò di come mia madre ogni anno si ingegnasse per addobbare l'albero in una maniera diversa e che a ottobre già cominciasse a buttare giù idee e comprare il necessario per realizzare le decorazioni da sola, come se avere un attività commerciale non fosse abbastanza impegnativo.
Delle serate dopo cena davanti alla tv a fare i pon pon con la lana, l'anno che decise di fare l'albero rosa, delle pigne cadute che raccogliemmo per mesi per dipingerle l'anno che decise che l'argento era il nuovo oro, delle palle di vetro blu l'anno che disse "Solo noi abbiamo un albero blu".
Mia figlia grazie al cielo non saprà mai cosa si provi ad avere i nonni materni lontani, e come riuscirò mai a descriverle l'interminabile attesa al binario della stazione per vedere il treno che li riportava da me arrivare piano piano e poi fermarsi, per poi cercare le loro teste in mezzo alla folla e correre loro incontro come nel migliore film di Natale?
I preparativi per accogliere tutti in casa nostra, per decidere chi avrebbe dormito dove, per fare spazio al fratello di mamma e all'allora fidanzata ora moglie (che un anno si portò addirittura la chitarra per esercitarsi nello studio) anche loro venuti da lontano come i nonni.
La casa era un campo di battaglia, valigie ovunque, creme bagnoschiuma e shampo personali che invadevano il nostro unico bagno, divano letto da richiudere la mattina e riaprire la sera, regali da nascondere un po' negli armadi, un po' nel terrazzo, un po' da mettere sotto l'albero, ma tanto quelli più grossi rimanevano a negozio per evitare di rovinare la sorpresa a me e mia sorella.
Se mamma cominciava a fare le decorazioni a ottobre, la nonna paterna cominciava a settembre a  stendere la sfoglia per il pranzo del 25, e mentre io e mia sorella ce le davamo di santa ragione e mettevamo a soqquadro casa sua lei stava in cucina, seduta davanti al tavolo a riempire i tortellini e a contarli uno a uno.
Si fermava solo quando arrivava alla soglia del migliaio: non eravamo una famiglia, eravamo una piaga d'Egitto e precisamente le cavallette.
La zia di mamma, zia B. e suo marito che solo a vederli ti mettevano allegria con quella vitalità che gli usciva da ogni singolo poro e che, come al circolo del bridge che frequentavano, quando si sedevano a tavola con un mazzo di carte non ce ne era per nessuno.
I bisnonni da parte di mamma, con il bisnonno che mangiava in silenzio e parlava in dialetto e la bisnonna sempre vestita elegante con la sua messa in piega e i capelli argentati che facevano pendant con le pigne dell'albero.
Poi dopo esserci riempiti di pesce la sera della vigilia ecco che si sentiva un campanaccio. 
Si si, proprio un campanaccio da mucca, che stava a significare che Babbo Natale era arrivato.
E' il ricordo più nitido della mia infanzia.
Ero terrorizzata. Ero piccola e non capivo se fosse una persona, un mostro o un animale.
Fatto sta che dalla finestra del terrazzo vedevo arrivare Babbo Natale e non ricordo se mia sorella fosse già nata, però un anno trovai singolare il fatto che quello strano essere avesse al dito lo stesso anello nuziale di mio padre.
Carta da regali ovunque. La casa ne era invasa. Avremmo potuto impacchettarci l'intero palazzo.
Ma c'è qualcosa di più bello dello stordimento di un bambino mentre scarta i regali di Natale neanche stesse cercando una bomba da disinnescare?
Il continuo via vai tra casa nostra e quella dei nonni paterni che abitavano sullo stesso pianerottolo, "Vai in cucina di là e prendi in frigo l'insalata di olive e arance" "La salsa verde ti entra nel frigo o la lascio da me?" e puntualmente " Dammi le tue chiavi di riserva che mi sono chiuso fuori casa".
Tutto era un delirio.
A tavola eravamo uno appiccicato all'altro che quasi non ci si stava, mio padre che un anno ebbe la felice idea di mettere la telecamera sul cavalletto per riprendere la cena della vigilia e anni dopo rivedendolo ci siamo sentiti male dal ridere, la tombola con i fagioli e le bucce di mandarino, con il tabellone tenuto sempre dal marito di zia B. che chiamava i numeri "77 le gambe delle donne" "22 le carrozzelle" "23........BUCIODECULO!".
Tutto era perfetto e non importa se ci fossero dissapori e cose non dette, come in ogni famiglia che si rispetti, il Natale era esattamente quello che doveva essere: un caos.
Voci che si sovrapponevano a tavola, la nonna che sgridava il nonno ad ogni bicchiere di vino che beveva "Guarda che te li conto eh" e il solito girare con il primo bottone dei pantaloni slacciato perché avevamo fatto il nostro dovere e lasciato solo le briciole.
Gli anni sono passati, io e mia sorella siamo cresciute, molti dei commensali di quei pranzi faraonici se ne sono andati.
Il campanaccio però ce l'abbiamo ancora a casa, anche se nessuno lo suona più.
Ora sono io a fare l'albero di Natale ogni anno diverso. Quest'anno l'ho decorato con fiocchi di tulle fucsia, bianchi e verde acqua in stile Frozen. Ho anche messo due modellini in 3d di Anna ed Elsa fatti da me vicino al puntale, ma devo aver fatto qualcosa di sbagliato perché sembrano morte impiccate.
Che dire, c'ho provato.
Magari tra trent'anni mia figlia scriverà a sua volta un ricordo dei suoi Natali da bambina e sarà questa la cosa che la farà più sorridere, insieme agli altri ricordi, dell'allegria, del cibo in sovrabbondanza e del caos che generazione dopo generazione sono una costante in casa nostra.
Parafrasando la frase finale de IL CORVO:
"Le case bruciano, le persone muoiono, ma la colica renale a Natale è per sempre".



HAPPY XMAS - ovvero LA COLONNA SONORA DEI MIEI RICORDI



 

Commenti

  1. sarebbe ONCE.. il titolo è sbagliato

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  2. Ahahhahahahahahahaha ho lasciato mezzo titolo provvisorio e mezzo definitivo ahahhahahaha che idiota! Grazie correggo subito!

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